Alimentazione Alzheimer: la nutrizione nel protocollo Bredesen
raggiungere la flessibilità metabolica
Attraverso il lavoro del dott. Bredesen con migliaia di partecipanti e ora con una sperimentazione clinica, è emerso che la più efficace alimentazione per l’Alzheimer include una dieta leggermente chetogenica, dove si instaura una flessibilità metabolica.
l'importanza del digiuno
Il percorso nutrizionale prevede un digiuno notturno di almeno 12 ore con una cena che deve avvenire almeno 3 ore prima di coricarsi. Il risultato è un aumento dell’autofagia, e cioè l’eliminazione dei detriti cellulari utilizzati durante le reazioni biochimiche, una sorta di detossificazione naturale.
Questo approccio è riassunto come la dieta KetoFLEX 12/3, una dieta ricca di nutrienti e fortemente a base vegetale. Tra le verdure hanno particolare rilievo quelle non amidacee locali, biologiche e stagionali di ogni colore dell’arcobaleno – con spiccato interesse per le crocifere – combinate con una quantità adeguata di proteine provenienti prevalentemente da uova, pesce azzurro e frutta secca, e infine quantità generose di grassi sani.
i cibi
Crea una sensibilità critica all’insulina
Affronta la riduzione del carburante neuronale e la carenza mitocondriale
Riduce l'infiammazione
Aumenta l'immunità
Aumenta la circolazione e ottimizza la pressione sanguigna
Fornisce materie prime per il supporto sinaptico
Protegge dalle carenze di nutrienti associate al declino cognitivo
Promuove l’autofagia cellulare e l’eliminazione della beta-amiloide
Promuove la disintossicazione
Protegge dalla perdita di muscoli e ossa associata con declino cognitivo
Migliora lo stato di salute generale e protegge da tutte le malattie croniche
perché serve la chetosi
Forse ti starai chiedendo perché il protocollo Bredesen enfatizza l’importanza di ottenere una chetosi lieve? Tecniche diagnostiche hanno dimostrato che una riduzione della capacità del cervello di utilizzare il glucosio precede e accompagna la malattia di Alzheimer. Alcuni teorizzano che potrebbe anche essere un fattore precipitante a monte dell’intera cascata patologica – una crisi bioenergetica che riduce l’energia disponibile al cervello.
La resistenza all’insulina aggrava questa incapacità di utilizzare il glucosio come carburante. Inoltre, il 25% della popolazione mondiale che porta l’allele E4 del gene APOE, che è strettamente associato alla malattia di Alzheimer, dimostra questa riduzione dell’utilizzo del glucosio cerebrale già all’età di 20 anni, nelle stesse regioni del cervello dei malati di Alzheimer.
Fortunatamente, il glucosio non è l’unica fonte di carburante per il nostro cervello. Il dott. Stephen Cunnane, un ricercatore canadese, ha dimostrato che i chetoni possono essere utilizzati efficacemente anche dal cervello. Ha scoperto che i giovani portatori di ApoE4 necessitano solo di livelli molto bassi di chetoni, beta-idrossibutirrato 0,4-0,5 mM, che possono essere facilmente raggiunti digiunando durante la notte, per affrontare la loro inefficienza energetica.
Quelli con deficit maggiori necessitano di livelli più alti che possono arrivare fino a 4 mM. Nel programma ReCODE è prevista la misurazione di questi livelli con dei dispositivi per monitorare lo stato in cui il metabolismo si trova.
Per una conoscenza più approfondita è fortemente consigliata la lettura del libro “La fine dell’Alzheimer”.